10 febbraio 2008

Traslocare... elucubrazioni sul Cambiamento e l'inadeguatezza del Cuore.

Supporto Sonoro
Il Nuotatore - Giovanni Allevi
(Fabio, trovare un Fratello a 19 anni non capita spesso)

Negli ultimi 2 anni sono stato attore diretto o indiretto, ma sempre attivo di 7 traslochi.
Mi faccio "fottere" sempre. Ma fottere fottere, eh...
Cazzo, perché quando arriva la domanda...
"Oh, Gian, senti ma... non è che (per caso) mi daresti una mano a metter via un pò di cose, che cambio casa".
Da questa fatidica domanda (per caso), non riesco a divincolarmi, niente colpo di reni e salvataggio in angolo.
Eppure non è per una eccessiva magnanimità... eh no... per un amico è il minimo.
E nemmeno per una mia difficoltà a imporre un "no": fortunatamente mi sono affrancato dal si incondizionato.

Forse il fatto è che far fatica non mi ha mai messo a disagio, anzi... lo ritengo quasi una benedizione dopo le lunghe ore di studio. By the way... una volta avevo un culo... sob...

Quell'aura che hanno tutte le imprese fatte per - e con - le persone a cui ti senti legato, non basta a render conto di una smazzata 4 piano senza ascensore, armadio, letto, cucinino, porco dio e la madonna, e pacchi di libri, che nemmeno Pascoli, nella biblioteca del padre.
Ci di deve essere di più.

Credo che la Ragione per cui mi faccio "fregare" ogni volta, sia la peculiarità che permea il concetto di trasloco: il cambiamento.
Quello che mi frega è il pathos pieno di ottimismo che trova sua massima espressione nell'atto di fare fagotto ed andarsene. Mi rendo conto che sia una visione molto personale della cosa, d'altronde se non fosse personale chi cazzo me lo fa fare di scriverla. E' il futuro al quale permetti di prendere il largo, salpate le memorie che ti trattengono in porto.
E' di questo che voglio essere attore e non spettatore, nonostante non sia io ad andarmene, nonostante io resti: io voglio esserne parte di questo pathos.
E' impossibile, per mia natura, non vedere, nel rituale del prendere dallo scaffale, guadare l'oggetto, decidere se verrà con te o meno, e poi riporlo nello scatolone "perlacasanuova", un simulacro del rituale di ripiglio (o meglio risistemata) interiore.
Una cernita del tuo passato che trova il suo culmine nell'azione del gua(r)dare - esattamente come fosse un fiume - l'oggetto. Durante un trasloco, a volte basta che l'occhio si posi sull'oggetto che è stato spettatore passivo della tua vita, per dare il via all'epifania. Plug and Play di immagini che ti si scarica addosso, innescato dal prendere in mano quel porta CD, rotondo, in plexiglas (atroce) che eri sicuro essere base portante di quel cumulo di polvere sull'armadietto in cucina.
O le sberle di emozioni date da quella rana di legno, bucata da parte a parte e trafitta da un bastoncino scuro, che ti riporta al movimento propiziatorio che facevi ogni volta che ce l'avevi sotto mano.

Ma in questa serata di metà febbraio, appena passata la mezzanotte col freddo che fa fuori, voglio ricordarmi di un trasloco che ha lasciato il segno.
Il trasloco di Fabio da Milano. Via per sempre. Da Milano. Amsterdam approaching.
Sì, perchè quelli furono giorni di fatica vera, in quei giorni in cui "A Milano, la fa l'afa da padrona". Ore che passavano lente. Ore che lasciavano le braccia indolenzite e la schiena a pezzi.

Ore in cui il mio cervello non riusciva a capire cosa il cuore, più in basso, stesse gridando.

Ma per capire veramente l'ultimo gerundio bisogna fare tre passi indietro.
2002 - Via Mantegazza 29, e Gian, sbarbato (ecco... chi non mi avesse mai visto sbarbato, provi solo ad immaginarmi, malato terminale, bianco e lievemente putrescente... ATROCE).

La mia prima casa di Milano: la prima volta che telefonai, mi rispose una voce un pò lievemente acuta, a tratti femminile.
Io: "Salve, sono Gianluca"
Interlocutore: "Ciao, come posso aiutarti?"
Io: "Salve Signorina, cerco Fabio"
Interlocutore: "Ciao, sono IO"
Io (penso) :"Eccheccazzo... coinquilino frosh.... ammazza che inizio..."
Stavo parlando per la prima volta con Fabio, la persona con cui avrei vissuto il mio primo anno a Milano.

Quando entrai a casa (la giornata era splendida, il sole entrava diretto dalla finestra e sbatteva sul bianco dei muri), in cucina c'erano lui e Stefania, la sua ragazza.
Lui mi venne incontro, Stefania, seduta al tavolo, leggeva un giornale. Il vuoto tra di noi era riempito di quella tranquillità felliniana, densa, come nelle campagne ad agosto.
Mi innamorai di loro perdutamente.

Passò un anno, comprai casa a Milano, città dove mutuo e affitto sono praticamente due sinonimi. Andai via da Mantagazza 29.

Passarono altri anni.
Un giorno ricevetti una mail:
Fabio e Stefania erano lasciati.
Rimasi di sasso.

Ora eravamo lì, in Mantegazza 29. Per il trasloco definitivo di Fabio.
Tornare in quella casa e rivangare gli oggetti che furono testimoni oculari del loro Amore fu devastante.
Per me... non voglio nemmeno pensare a Lui.
Parlavamo, scherzavamo... mentre ci spaccavamo il culo. Non finiva mai. Quella montagna di cose non finiva mai.
Ma a volte... mi bloccavo: toccavo, odoravo, guardavo... e partiva la pellicola etichettata 2002/2003.
Da solo andavo sul balcone della cucina, mentre Fabio continuava a lavorare.
Gli alberi, le macchine, i tram lontani si sfocavano davanti alle lacrime.
Quelle lacrime che scendono, non quelle che blocchi prima. Parallelo al suolo, le faccio cadere senza che mi striassero le guance e la barba. Spalanco la bocca, come quando devo gridare, ma non emetto alcun suono, tranne che un sospiro anonimo, scandito da altrettante botte di diaframma che, in quel momento, reclama la sua indipendenza.
Non era rabbia.
Quella smorfia era il volto di una delusione immensa, dell'ennesima presa di consapevolezza che la vita è un vortice travolgente, l'ennesima riprova, che forse non capisco veramente un cazzo di cosa sia veramente l'Amore. Quel sospiro anonimo era il rumore del cuore che esprime la sua inadeguatezza a esperienze di questo tipo.

Lavorammo per tre giorni in quel di Mantegazza 29, quinto piano.
Una di quelle sere feci quasi impazzire Cinzia...
Ora il ricordo mi riporta un sorriso...
ma la tempesta di quella sera me la ricordo ancora. Tutta.
Me li ricordo quei giorni, in cui ero cosciente di essere felice.
Che tutto era perfetto, nonostante tutte le mie possibili imperfezioni.

Pochi giorni fa, Fabio ha traslocato di nuovo.
In realtà erano le ultime cose che erano rimaste a Bari.
Definitivamente ad Amsterdam.
La sua vita è lì... la stabilità che cerca, se la sta guadagnando non senza rinunce e affilati interrogativi. Ma le persone che ama sono con lui in questa decisione.
Ma lui? E' con sé in questa decisione?
Io credo di si, e credo anche che se non ti fai paranoie ora... Vec, quando mai, allora, ti sarà consentito fartene.

Benissimo.

Alzo lo sguardo,due bottiglie d'acqua vuote davanti a me, una tazzina con scritto "caffè al volo" alla mia destra.

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Notte Fioi!